In diretta dal Paraguay
L’ultimo dei viaggi già programmati dal Gruppo India è appena iniziato… Siamo arrivati in Paraguay, più precisamente a Fernando de la Mora, alle porte della capitale Asunción. Siamo stati accolti con molta gioia dalle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida, che qui hanno una casa dove vivono tre suore e una giovane postulante.
Questa piccola comunità, guidata da suor Raquel, si preoccupa soprattutto dell’educazione dei più giovani, tramite due scuole che accolgono bambini dai 4 agli 11 anni: due anni di scuola materna (di cui il secondo è obbligatorio) e sei anni di scuola primaria. Le due scuole si differenziano per il quartiere in cui si trovano: una in una zona leggermente più benestante, ma dove molti genitori non si rendono conto dell’importanza di una buona educazione, l’altra in un quartiere molto povero. Nei prossimi giorni le visiteremo entrambe e ci recheremo anche a vedere la missione di Lambaré, sempre della stessa congregazione.
Anche in questo viaggio siamo accompagnati da un giornalista di Vatican News, Alessandro Guarasci, che ha già pubblicato un primo articolo.
La prima giornata di visita (venerdì 12 aprile) è stata dedicata a queste due scuole, San Roque Gonzáles de Santa Cruz (a Villa del Sur) e Virgen de Caacupé (al Cerrito). Le scuole hanno ciascuna quattro aule, perché i bambini fanno il doppio turno: la mattina dalle 7 alle 11 o il pomeriggio dalle 14 alle 18. Le quattro maestre (una per classe, anzi per aula perché coprono entrambi i turni) sono molto coinvolte e appassionate. Sanno che lasceranno un segno nella vita di questi bambini come testimonia la storia di Saul Lopez, che ha studiato qui. Proveniva da una famiglia povera, è rimasto orfano di entrambi i genitori, ma ha potuto continuare gli studi grazie a sostegni economici. Diventato grande, è voluto tornare nella sua vecchia scuola e ha chiesto come poteva aiutare. A chi gli domandava perché volesse farlo, rispondeva in un modo semplice e meraviglioso: “Qui ho conosciuto l’amore“. Potete leggere un articolo su queste scuole.
Sabato 13 aprile ci siamo spostati a Lambaré, altro comune della Grande Asunción. Al confine tra due baraccopoli c’è un altro centro delle Suore di S. Antida. La zona è poverissima, molti vivono di riciclaggio dei rifiuti e quel che non riescono a rivendere (come carta, cartone, lattine…) lo buttano in mezzo alla strada. Qui campeggiano enormi tralicci dell’alta tensione, rischiosi per la salute, ma nessuno sembra preoccuparsene. Per la strada vivono molti drogati e le violenze sulle donne sono tante.
Il centro S. Giovanna Antida è una piccola oasi di serenità, in cui lavorano anche tanti volontari, molti provenienti dalle baraccopoli che vogliono impegnarsi per migliorare la loro vita e quella di chi sta loro intorno. La comunità è formata solo da due suore e una novizia: suor Noemi (del Paraguay) è la superiora, suor Immacolata è una energica 81enne originaria della provincia di Benevento, suor Rina invece è boliviana e da ragazza ha potuto studiare anche grazie all’ospitalità ricevuta in un ostello delle Suore di S. Antida. Tutti i giorni c’è il doposcuola per i bambini (che incontrano grosse difficoltà negli studi per la precarietà della vita nelle loro famiglie), tre volte a settimana una mensa gratuita per gli anziani, un paio di volte al mese un gruppo di volontari organizza un pranzo per i senzatetto. Inoltre le suore seguono alcuni malati o anziani che non possono uscire di casa o lo fanno con grandi difficoltà: portano loro cibo e medicine, un segno tangibile di vicinanza.
Domenica 14 aprile ci spostiamo a Cambyretá, una cittadina nei pressi di Encarnación. È la volta di suor Gabriela, una Canossiana, che ci guida nella visita a Kuñatai Roga (Casa della Giovane), una struttura che accoglie ragazze dai 16 ai 24 anni che provengono dalle zone più interne del dipartimento, che non offrono possibilitá di studio. Le ragazze hanno quasi tutte rinunciato a tornare in famiglia per il fine settimana per accoglierci: si sono cucite il vestito tradizionale, hanno organizzato un ballo tipico, preparato il pasto con tanti assaggi della cucina paraguayana, ricamato dei piccoli asciugamani da regalarci. Le Suore Canossiane danno loro un posto sicuro dove alloggiare e le aiutano a trovare un lavoro che non sia solo sfruttamento; le ragazze lavorano e studiano per terminare il liceo o laurearsi. Si lavora in gruppo, col supporto di un’assistente sociale e una psicologa, per scoprire gli eventuali punti deboli delle giovani (molte di loro hanno difficoltà di apprendimento anche a causa dell’alimentazione scadente che hanno ricevuto sin da bambine), renderle coscienti dei loro limiti cosicché possano superarli, aggirarli o puntare su altre qualità.
Lunedì visitiamo una scuola materna a Encarnación, creata dalle Suore Canossiane all’interno di un progetto più ampio che vuole dare sviluppo e non assistenzialismo. Per questo hanno pensato di partire dai più piccoli abitanti del Barrio Sagrada Familia, una baraccopoli che sorge lungo le rive del fiume Paraná, confine con l’Argentina. Qui vivono circa 700 famiglie, in baracche di legno, senza fogne, servizi igienici, strade… Quando piove (e qui succede spesso) i viottoli tra una capanna e l’altra si trasformano in ruscelli di acqua sporca e fango. Gli abitanti vivono soprattutto di contrabbando, facendo su e giù per il Puente Internacional San Roque Gonzáles de Santa Cruz. Molti bambini soffrivano di malnutrizione e la risposta delle Suore Canossiane è stata duplice: un Centro de Salud che si prenda cura di tutti ma in modo particolare dei bambini sotto i tre anni distribuendo integratori e consigli per le mamme e poi la scuola materna, all’interno della loro stessa casa. Ogni giorno un pulmino va a prendere i bambini nel Barrio e li porta alla scuola, dove ne arrivano anche altri che vivono nelle vicinanze. Una trentina di piccoli in ognuna delle tre aule ci accolgono con occhi pieni di meraviglia per questi stranieri che hanno fatto tanta strada per venirli a incontrare. Giochiamo insieme, scattiamo foto e gliele mostriamo, cerchiamo di adattare le filastrocche italiane, ci lasciamo abbracciare e ci perdiamo nei loro occhi.
Le stesse suore, in collaborazione con il governo locale, organizzano vari corsi di artigianato per le donne: cucito, confezione di cuscini, cucina, ricamo… Al termine le donne ricevono un diploma e possono iniziare a produrre e vendere per migliorare le proprie condizioni. Nel pomeriggio era prevista la visita al Barrio Sagrada Familia, che purtroppo salta per la pioggia violenta e incessante, che rende impossibili gli spostamenti all’interno della baraccopoli.
La tempesta dura tutta la notte, ma il martedì mattina la pioggia è un po’ diminuita e ci permette di esplorare almeno una parte del Barrio. Sorge sulle rive del Paraná, che qui è larghissimo per effetto di una diga che è stata costruita poco distante per alimentare una centrale idroelettrica. Poche case sono in mattoni, senza intonaco, molte in legno con tetti in lamiera o solo teli di plastica. I viottoli tra l’una e l’altra sono ruscelli di acqua rossastra, c’è fango ovunque, tutti gli abitanti sono chiusi in casa. Suor Gabriela ci teneva a venire, nonostante le condizioni climatiche: molte persone oggi non si possono muovere e rimediare qualcosa per il pranzo. I nostri zaini sono pieni di cibo e lo distribuiamo alle famiglie in maggiore difficoltà. Qui vivono alcuni dei bambini del Centro Educativo e qualcuno esce di casa sentendo le voci. Ci riconoscono, ma sono molto meno spigliati ed estroversi e non sono belli puliti come li abbiamo visti ieri. Anche su questa realtà potete leggere un articolo pubblicato da Vatican News.
Il Centro de Salud invece è quasi irrangiugibile: con il 4×4 di suor Gabriela potremmo andare, ma si danneggerebbe troppo il fondo della strada in terra battuta, impedendo l’ingresso a chi ha bisogno di cure. Speriamo di riuscire a vederlo un altro giorno.
Giovedì la strada in terra battuta che porta al Centro de Salud è finalmente percorribile, anche se solo parzialmente: il tratto che scende verso il Barrio Sagrada Familia è ancora troppo fangoso. Troviamo anche la bella sorpresa di operai al lavoro per ricoprire la strada con pietre e ridurre almeno un po’ le difficoltà di accesso. Due piccoli pazienti attendono il loro turno sorseggiando la cioccolata che gli è stata offerta, un modo di integrare la loro alimentazione. Il Centro è piccolo, ma molto ben tenuto. C’è una farmacia (con pochi ripiani ben forniti), un piccolo ambulatorio odontoiatrico, una sala per la chinesiterapia, la sala visite e il bagno a disposizione dei bambini del Barrio che vengono qui a farsi la doccia perché nelle loro baracche non possono.
Oggi è il giorno delle visite odontoiatriche; il dentista ci racconta che molto spesso è costretto a fare estrazioni dentarie perché molti arrivano qui solo quando i danni sono tali da non poter salvare i denti. Sta nascendo l’idea di fare una campagna di sensibilizzazione andando di baracca in baracca al Barrio per fare visite preventive. Arriva un bambino affetto da paralisi cerebrale, si spaventa per la presenza di tanti estranei ed è necessario farlo entrare rapidamente nella sala della chinesiterapia in modo che ritrovi la tranquillità in un locale a lui noto. Tutta l’attività è coordinata da Delma un infermiera che è cresciuta nel Barrio ma che ne è uscita e, ora può dare una forte testimonianza di speranza con la sua sola presenza.
In un piccolo locale annesso al centro si sta svolgendo un corso di formazioni per parrucchieri, organizzato sempre in collaborazione con le Suore Canossiane. L’insegnante è Carmen, che precisa subito di non aver diritto a questo titolo, ma di avere 15 anni di esperienza come parrucchiera. Anche lei proviene dal Barrio, è cresciuta con le suore ed ora ricambia quanto ha ricevuto con quest’opera di volontariato: ha 14 studenti, tutti giovanissimi, che si alternano nei ruoli di praticanti e modelli, per imparare un mestiere che darà loro la possibilità di guadagnarsi il pane quotidiano.
Nel pomeriggio ci spostiamo più a nord, raggiungendo Puerto Triunfo, sempre sulle rive del Paranà. Qui siamo ospitati dalle suore di S. Giovanna Antida: suor Celestina che è italiana, suor Elina argentina e un’altra suor Celestina che viene dalla Bolivia. Venerdì andiamo a visitare due diversi centri di appoggio scolastico, uno a Puerto Triunfo e uno nella vicina comunità di Cristo Re. È il giorno della terra ed entrambi i gruppi di bambini sono impegnati a celebrare questa giornata di sensibilizzazione. Le educatrici sono tutte volontarie che prestano molte ore settimanali a questo servizio, importantissimo perché molti dei genitori sono analfabeti e non possono aiutare i figli negli studi. Tra loro ci sono insegnanti in pensione e giovani universitari.
Nel centro di Cristo Re una delle educatrici ci ringrazia calorosamente per il dono del pozzo: con le lacrime agli occhi ci racconta anni di richieste presentate alle autorità per avere l’acqua nelle case, mai ascoltate… Lei impiegava un’ora e mezzo o due per andare a prendere l’acqua a un ruscello, spingendo ua carretto su cui caricava tre bidoni da venti litri l’uno. Non faceva bollire l’acqua prima di usarla perché le mancava il tempo di andare anche a raccogliere la legna necessaria. Ora ha più tempo a disposizione per sé, la famiglia, l’attività di volontariato e ha già potuto notare un miglioramento delle condizioni di salute dei suoi familiari. Suor Celestina conferma: nei primi mesi di funzionamento del pozzo, l’incidenza delle malattie trasmesse dall’acqua è scesa del 75% tra le famiglie raggiunte dall’acqua del pozzo.
Sabato è dedicato alla visita di alcuni progetti finanziati dal Gruppo India. Iniziamo dalla mensa di Puerto Triunfo, parlando con alcune delle cuoche volontarie che si sono organizzate in commissione, con una presidente e una tesoriera. Ci raccontano che il locale che usano è stato loro prestato e che, nonostante l’aiuto del Gruppo India, hanno difficoltà a comprare tutti gli alimenti necessari a preparare il pasto per un centinaio di persone, scelte tra le più povere, due volte alla settimana. Per questo alle 5 ore di ogni turno di lavoro volontario si aggiunge quello di attività speciali volte a raccogliere fondi per gli alimenti e le bollette (acqua e luce): almeno una volta al mese preparano dei piatti locali che poi vendono per la strada. Le famiglie beneficiarie della mensa sono scelte tra le più povere e sono sempre queste donne che si recano a visitarle nelle loro case per rendersi conto della situazione reale.
Arrivano i bambini a prendere il pasto da portare a casa, ognuno nel numero di porzioni previsto per la famiglia. Prima della pandemia, venivano tutti a mangiare qui, poi è iniziato questo metodo con asporto che continua ancora oggi, anche perché gli spazi sono ristretti. Il compito di prendere il pasto è dei bambini, perché le mamme stanno lavorando nei campi o devono occuparsi dei più piccoli. Un progetto molto simile è portato avanti anche a Cristo Re, un villaggio poco lontano da Puerto Triunfo.
Anche noi lasciamo la mensa e andiamo a vedere il punto dove è stato scavato il pozzo, su un pezzo di terreno donato da un membro della comunità di Cristo Re. Qui condividiamo un pranzo comunitario con le persone che fanno parte della commissione del pozzo e alcune delle famiglie che ora sono raggiunte dalla rete di distribuzione idrica. È bello sentire come tutto è stato organizzato a livello comunitario: ogni famiglia che voleva avere l’acqua corrente in casa ha dovuto garantire un certo numero di ore di lavoro gratuito (preparare i pasti per gli operai che hanno trivellato o posato i tubi, sbrigare le varie pratiche necessarie per avere tutte le autorizzazioni, installare i contatori dell’acqua nelle case…). Avere il pozzo, avere l’acqua è stata una conquista di tutta la comunità che la aspettava da anni.
Terminato il pranzo ci rechiamo al punto dove sorge il grande serbatoio riempito con l’acqua del pozzo prima di essere distribuita tra le case. È con noi anche uno dei tecnici che hanno partecipato a tutto lo scavo e alla preparazione della rete che ci dà qualche dettaglio in più sulle scelte effettuate e sulle difficoltà incontrate. Anche sulle mense e sul pozzo potete leggere l’articolo di Alessandro Guarasci su Vatican News. Prima di ripartire, siamo andati con suor Celestina a trovare due famiglie in gravi difficoltà: Anna, che ha più di 80 anni e vive sola, dimenticata dai figli emigrati in Argentina e una famiglia numerosa, dove il primo figlio affetto da paralisi celebrale e totalmente invalido è stato seguito da altri otto fratelli. La loro situazione è descritta in questo articolo di Alessandro Guarasci.
Il nostro viaggio è terminato, siamo rientrati in Italia carichi di entusiasmo per questa bellessima esperienza! A presto con un resoconto più completo!